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Facebook: il fallimento degli algoritmi a Christchuch

È venerdì 15 marzo 2019. Un giorno come tanti altri nella città di Christchuch in Nuova Zelanda. La popolazione di fede islamica, come vuole la tradizione religiosa, si è recata nella moschea di Al Noor e nel centro islamico di Linwood per la consueta preghiera del venerdì.

Sembrerebbe dunque tutto come al solito fino a quando, attorno alle due del pomeriggio, quando il ventottenne australiano Brenton Harrison Tarrant dà inizio alla sua follia omicida.

Dopo essersi descritto come un normale uomo bianco sui social network, Tarrant ha usato nuovamente Facebook come amplificatore con il suo dettato d’odio nel quale annunciava le sue imminenti azioni.

Sul social network di Mark Zuckerberg, l’uomo ha infatti scritto come i suoi ispiratori siano stati Anders Breivik (strage di Utoya nel 2011) e Dylann Roof (strage di Charleston nel 2015) e di come volesse vendicare la giovane vittima svedese Ebba Akerlund morta nell’attentato di Stoccolma nel 2017.

Su altri social invece, come Twitter, uno dei membri del commando guidato da Tarrant ha postato la foto di alcuni caricatori con incisi sopra battaglie perse dai musulmani (come quella di Lepanto nel 1571) ed i nomi di alcuni attentatori anti – islamici (come Luca Traini dell’attentato di Macerata nel 2018).

Dopo questa “dichiarazione di guerra”, il commando e Tarrant sono partiti alla volta della moschea e del centro islamico. Mentre decine di proiettili mietevano vittime innocenti raccolte nella preghiera, l’attentatore ha poi trasmesso i primi 17 minuti della strage su Facebook con un video in diretta.

Ricordiamo che nell’arco di neanche mezz’ora sono morte una cinquantina di civili innocenti, “colpevoli” solo di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Il ruolo degli algoritmi di Facebook

Su Facebook ogni giorno migliaia di utenti caricano video e foto, ovviamente vengono filtrati, ma così non è stato per il caso di Christchurch dove la diretta è stata vista da più di 200 persone.

La grande “F” ha poi provveduto a rimuovere le migliaia di copie del video dell’attacco comparse su Internet, ma ormai è servito a ben poco. Con un lungo post di ammenda e condoglianze, il vicepresidente di Facebook Guy Rosen, ha dichiarato che “i nostri algoritmi hanno fallito”.

L’uomo ha poi proseguito scrivendo che “l’intelligenza artificiale nel corso degli anni ha fatto enormi progressi in molte aree, questo ci ha permesso di identificare efficacemente la stragrande maggioranza dei contenuti che devono essere rimossi. Ma non è perfetta.

Purtroppo non è certo la prima volta che succede una cosa del genere, tristemente noti sono i casi negli Stati Uniti dove gli attentatori affidano ad Internet il loro messaggio, ed anche questa vicenda andrà a pesare sulla già precaria condizione della “creatura” di Zuckerberg.

Il ruolo di YouTube

Come se si fosse trattato di un giorno come un altro, Tarrant ha suggerito ai suoi spettatori di iscriversi al canale YouTube di PewDiePie e di fargli delle donazioni.

Il giovane youtuber, che conta oltre 90 milioni di iscritti, si è dichiarato “disgustato” dalla cosa ed ha inviato un messaggio alle famiglie di condoglianze assieme ad un link per far inviare ai fan delle donazioni. Il tutto è stato poi seguito da una sospensione dei video sul suo canale in segno di lutto e rispetto.

Vanni

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