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Facebook: nuovo scandalo per Mark Zuckerberg

Se gli anni ’90 hanno visto il diffondersi su scala mondiale di Internet con tutte le novità che lo sviluppo di questa tecnologia ha portato con sé, i primi anni del nuovo millennio hanno portato a quella che oggi definiamo “l’era dei social network”.

Nomi come Myspace, Netlog, Badoo, e chi più ne ha più ne metta, vi ricorderanno sicuramente qualcosa ed anche la voce dei loro concorrenti è destinata a farsi ricordare a lungo.

Twitter, Instagram, Pinterest, Snapchat, Tumblr, YouTube e soprattutto la grande “F” bianca che svetta sullo sfondo azzurro di Facebook. L’azienda statunitense da miliardi di dollari all’anno, ed “incarnata” nella figura dell’imprenditore Mark Zuckerberg, è infatti conosciuta in tutto il mondo e non ha certo bisogno di presentazioni di alcun tipo.

Lo stesso discorso è valido anche per i suoi recentissimi scandali, uno su tutti quello riguardante il caso Cambridge Analytica chiusa a maggio 2018 proprio per questo motivo, che hanno turbato non poco i pensieri degli utenti ed anche dei non iscritti.

Facebook e lo scandalo delle informazioni personali

Il noto social network è balzato dunque, ancora una volta, agli onori della cronaca mondiale a causa di un software chiamato Facebook Research. Nome che è tutto un programma e che, battute facili a parte, esplica perfettamente le sue funzioni.

Si tratta infatti di un software in grado di apprendere e conoscere le abitudini di un utente tramite i suoi movimenti online. I dati di questi movimenti online erano forniti da dei volontari con un’età compresa tra i 13 e i 25 anni per un compenso di 20 dollari al mese, come si suol dire “è la crisi”.

L’app madre di quest’ultimo software era originariamente Onavo Project, di recente tale applicazione è stata eliminata dallo store e non si può più scaricare, ma ormai il danno era fatto.

Installando questa app si accettava un certificato di root che di solito usano le aziende per controllare i computer dei propri dipendenti sul posto di lavoro, ma in questo caso richiedeva anche degli screenshot dei carrelli Amazon.

La cosa peggiore non è però neanche questa. Facebook infatti si è appoggiata a dei servizi esterni per lo sviluppo di tale programma, ma non ha mai specificato come, quali e quante informazioni gli servissero.

La replica di Apple

La celeberrima azienda dalla mela morsicata ha infatti bloccato subito l’utilizzo di tale app e revocato i suoi certificati associati a Facebook. In questo modo si è potuta bloccare Facebook Research al pari delle delle sue applicazioni interne.

Tra queste vi era infatti una simile a quella per “spiare” i dati, sempre “firmata” dalla “F” bianca, che metteva sotto lo sguardo da Grande Fratello orwelliano anche i dipendenti Apple che utilizzavano tale app per il servizio di mensa.

Ovviamente bisogna spezzare anche una lancia nei confronti di Facebook perché anche Google ha fatto una mossa simile, ma in ogni caso la situazione non è delle migliori e si aggiunge ad un quadro già piuttosto preoccupante. La domanda che ci si può porre a questo punto è “che cosa dobbiamo aspettarci la prossima volta?”

Vanni

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